giovedì 5 maggio 2016

Di castelli, di immaginario collettivo e di location





Quando in un film una scena ti resta  impressa per un preciso  particolare del paesaggio cerchi di approfondire un po’; quando quel posto lo rivedi in un’altra pellicola, la ricerca diventa necessaria.
L’isola di Lindisfarne si trova nel nord-est dell’Inghilterra, confinante con la bassa Scozia ( o per dirla pulita nel Northumberland a un passo dalle Lowlands ) e collegata alla terraferma da una sottile linea di sabbia che viene sommersa due volte al giorno dalla marea.
Un’isola a tempo determinato dunque, che va con le maree (e per questo anche ‘lunatica’).
Un fenomeno che qualifica questo tipo di  isole come  tidali  e che non è tanto raro , in Francia c’è la più conosciuta  Mont Saint-Michele, che con la nostra isola ha anche  altro in comune e cioè quello enorme spuntone di roccia che domina la spiaggia e su cui è situato il santuario.
Lo spuntone roccioso di Lindisfarne invece di un santuario tiene in cima un castello.
Costruito all’epoca dei Tudor, questo è “il Castello” per antonomasia, perché se esistesse la categoria della ‘castellità’ la rappresenterebbe in pieno.
Già perché nell’immaginario collettivo un castello non può che avere la sua forma: isolato, puntuto, sovrastante come un gigante il piatto ambiente circostante…e  non c’è fiaba disneyana o film sul conte Dracula che non ne ricalchi il modello.
Ora ci sono registi che sanno giocare benissimo con i simboli inconsci ( Fellini, Bergman, Lynch…) e fra questi c’è senz’altro Polanski che per meglio creare un’atmosfera inquietante in ben due film ha scelto come location il castello di Lindisfarne ( ecco da dove mi nasce la suggestione).
In “ Cul de-sac” per la sua chiusura claustrofobica, la sua inaccessibilità ( isola nell’isola), quasi una prigione dove i personaggi non avessero scampo, nessuna alternativa a che le loro negatività arrivassero a scontrarsi ed esplodere…



In “ Macbeth” ( con qualche aggiusto scenografico  credo) il castello è la dimora del protagonista, quasi una metafora della sua stessa intima essenza: della sua ‘elevata’, oscura ambizione, protesa verso il baratro della follia…





Polanski ha colto (magnificamente: due film bellissimi) il lato conturbante della fortezza, ma un’icona può ben cambiare posizione nell’immaginario collettivo…





L’isola è anche chiamata “Holy  Island” per essere stata il primo centro di cristianità nel paese, e qualcosa di sacro e magico deve possederla davvero  se nel periodo del solstizio d'estate la strana posizione geografica del luogo ( albe precoci e tramonti prolungati) fa si  che si  possa vedere la luce rossa del tramonto in un lato del castello, e la luce bianca dell'alba dall'altra parte dell’isola.
C’è un mondo di elfi, maghi , cavalieri e saghe fantascientifiche che aspettano.
O una storia d'amore ( perché penso a Truffaut?)
Anche il Castello è lì che aspetta.



1 commento:

  1. Ho la sensazione che in quel castello tu ti riconosca e identifichi. Sei un inguaribile romantico (inteso nel senso letterario del termine).

    Un abbraccio

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